Nick: Buk Oggetto: re:Afterhours Data: 29/7/2006 14.32.9 Visite: 33
Guarda, anche secondo le mie conoscenze musicali, il tuo discorso fila. Nel bene o nel male, nella maniera più umile possibile, mi ritrovo a contatto con la musica, dentro e fuori, da un bel po' di anni. Ne faccio anche. Di sicuro, dopo essermi affacciato alle pietre miliari della scena indie anni '80, mi sono reso conto che vi sia stata, da parte degli Afterhours, un gran sforzo rielaborativo. Hanno al tempo stesso, aggiunto a mio dire, determinanti pulsioni dal punto di vista strettamente musicale. Il loro uso del violino elettrico, è originale. Innovativo direi. Il loro relegare le chitarre a solo mezzo riempitivo (tranne che nell'ultimo disco, dove i suoi vengon fuori, e una certo sofisticatezza si fa largo tra i brani), è qualcosa di sicuramente già fatto. Ma, io, con tutta l'onestà che mi compete, mi sento di dire che il 90 percento della musica diviene rielaborazione, per il solo vezzo di esser venuta dopo altra. E' un discorso dal quale sarebbe difficile uscire, e quindi non mi ci addentro più di tanto. Io considero gli afterH sono altro punto di vista. Che può essere estremamente solo il mio, come abbracciato da molti altri. Faccio una sorta di comparazione, con la letteratura. H. è stato spesso tacciato di fenomeno modaiolo. Una scrittura scarna, vicina a molte altre persone, e facilemente rielaborabile. L'uso sintattico spesso "populista", e fregiarsi di una finta sgrammatizzazione, a conti fatti inesistente. Un furbo, direbbe qualcuno. In un saggio superbo, la poetessa F. Pivano, ha secondo me tracciato alla perfezione la linea di confine fra qualcosa di fruibile, e qualcosa di artistico. E lo ha fatto, tirando in ballo l'osannato H. (cito a memoria) " Non vi è una sola componente rivoluzionaria. Non c'è un solo punto di rottura, fra quello che conosciamo, e quello che conosceremo. Non c'è in un tutto questo qualcosa che vada insegnato nelle università perbene e rinomate. C'è molto, molto di più: Charles Bukowski. " Ecco. A me le cose interessano se le sento oneste. Vere. Mi piace conoscere i punti di vista della gente, e quando riescono a farli fluire artisticamente. Mi piace la vita, chi vive, mi piacciono le esperienze che non ho mai vissuto, ma che posso capire. Quello che non capisco, non mi va giù. Se qualcuno riesce ad aprirmi la sua anima, il minimo che posso fare, è starlo a sentire. Manuel mi dà questa impressione. Ma così anche altra gente. Io non metto a paragone nessuno. Godo di quello che sento vivo. E quando lui urla " voglio proprio capire i tuoi livelli d'amore, ma non rivoglio più te.." , non è che io mi senta una 18enne umida fra le cosce, ma sento che dietro c'è un uomo che mi riesce a dire in un modo che il mio gusto ritiene superbo, cose che realmente ha provato. Visto, vissuto. A prescindere dalle pentatoniche inesistenti. O dai riff delle volte uguali. O anche dal fatto che fa "dentro marilyn" e quasi mi fa tenerezza quando non riesce ad urlare di tutto il suo amore. L'arte è anche affinità. Ora, tu dici " a me piacciono ma.. " Io dico, " a me piacciono.. " , punto. Questo mi basta. Questo è già molto, per me. Spero che un giorno qualcuno, onestamente, possa dire lo stesso di me. forse vivere in questi giorni mediocri ci prepara a quelli pericolosi |